Il pilota britannico paragonato al tedesco, l’ex pilota non ha dubbi: i dettagli.
Che Lewis Hamilton stia vivendo un periodo di difficoltà è sotto gli occhi di tutti. Le aspettative sono cresciute parecchio dal momento del suo arrivo alla Ferrari, e con loro una serie di pressioni di non poco conto per il britannico.

Il paragone con Michael Schumacher, poi, ha iniziato ancor di più a diventare una questione quotidiana, proprio in virtù dell’esperienza con la scuderia di Maranello. Solo cinque podi nelle prime quattordici gare sono un bottino scarso per le monoposto italiane, soprattutto perché tutti conquistati da Charles Leclerc.
L’approdo del sette volte campione del mondo in Ferrari è stato accompagnato da aspettative elevatissime, forse persino sproporzionate. Gran parte di questa pressione è nata dall’ottimo campionato disputato dalla scuderia nel 2024, quando la Rossa arrivò a giocarsi il titolo Costruttori fino all’ultimo appuntamento contro la McLaren. A ciò si è aggiunto il fascino mediatico di vedere Hamilton vestire i colori del Cavallino, un aspetto suggestivo ma secondario rispetto alla realtà della pista. Nei fatti, i risultati non hanno finora rispettato le attese.
Hamilton, lo sfogo e non solo: l’analisi dell’ex pilota
Lo sfogo di Lewis Hamilton al termine dell’ultima gara, però, non va presa sul serio al 100%, ma rappresenterebbe un tentativo di dare una svolta all’intera scuderie. A rivelarlo è l’ex pilota Christian Danner, ex pilota tedesco, che ai microfoni di ran.de ha analizzato la situazione relativa a Lewis Hamilton.

“Al momento gli mancano due o tre decimi. Può sembrare poco, ma a questo livello è decisivo. Durante la pausa estiva Hamilton deve decidere se vuole seguire la strada indicata dalla Ferrari, come stabilisce il team, oppure provare a cambiarla affinché si adatti a lui. Entrambe le opzioni richiedono energia e hanno esito incerto – ha dichiarato Danner – Se un pilota non ottiene quello che si aspetta dalla macchina, non può esprimere il suo potenziale. L’abbiamo visto con grandi nomi. Pensate a Michael Schumacher in Mercedes: anche lì la macchina non era adatta a lui. La sua apparizione pubblica mi è sembrata un po’ troppo autoflagellante. A dire il vero, troppo teatrale per prenderla completamente sul serio. Secondo me era motivata tatticamente, una sorta di sveglia per la Ferrari. Più uno strumento di comunicazione che un vero abbandono di se stesso.”, ha concluso.