Ha cominciato che Minessi giocava, Soragna era una giovane scommessa e Marco Crespi un coach di basket emergente.
Soragna fa il commentatore tv e Crespi allena e scrive libri. Corrado Neggia però è sempre lì, a bordocampo, con il microfono dello speaker: dal 2000/2001, la sua prima stagione “in servizio”, a oggi fanno quindici campionati e mezzo a dare voce a quello che accade in campo, aggiungendo pepe ed entusiasmo al Forum che spesso già ribolle di suo. Proprio come accadeva al PalaScatola, il palazzetto degli esordi: «La prima partita fu un’amichevole di settembre» ricorda.
«Avevo ricevuto pochi giorni prima una telefonata dell’amica Roberta Potasso, che mi aveva parlato di un appuntamento con Marco Atripaldi. Il general manager mi disse di provare in quella partita e che mi avrebbe spiegato lui come funzionava». In realtà le spiegazioni si limitarono al microfono in mano e poco più. Ma per fortuna Corrado Neggia non era alle prime esperienze: «Seguivo la pallavolo per la tv, con le telecronache. Poi ho accompagnato da speaker il salto della Pallamano Biella dalla B alla serie A2. E allo stadio La Marmora avevo coronato il sogno di quando ero bambino e tifoso, diventare speaker della Biellese». Un ruolo che nel tempo si sommò a quello di radio e telecronista, costringendolo a uno slalom tra i microfoni. «Bisognava restare concentratissimi e approfittare di ogni pausa per saltare da un ruolo all’altro: una sostituzione, l’intervento del commento tecnico…»
A confronto occuparsi solo della partita di pallacanestro era facile. Ma ci vuole classe e misura per gasare il pubblico senza esagerare: «Mi ispiro agli speaker spagnoli. Sono tifoso, ovvio, ma con il massimo rispetto per gli avversari. So che ci sono colleghi che buttano benzina sul fuoco durante le partite ma bisogna rendersi conto che noi abbiamo un’arma in mano…». A costo di contravvenire alle promesse: «L’anno scorso vincemmo il derby in casa con Torino alla prima giornata. Si avvicina Gabriele Fioretti e mi dice che alla fine non avevo pronunciato la frase che avevo preparato in caso di vittoria: un Perché noi siamo Biella che facesse il verso alla frase tormentone dello speaker torinese. Ho sorriso, lui anche e mi ha dato una pacca sulla spalla. Sono certo che abbia preferito così anche lui. Interagire con il pubblico, anche improvvisando, mi riesce facile anche grazie all’esperienza teatrale con la compagnia di mia mamma Carla Migliorini».
In quasi 300 partite, tra pochi episodi spigolosi (chi si ricorda la scarpa di Mancinelli calciata da Pillastrini verso il tavolo a una decina di centimetri da lui?) e tanti festosi, Corrado Neggia ha accumulato un baule di ricordi: «Con tanti giocatori ho stretto un legame forte. Il mio preferito? Forse Taylor Coppenrath: nei dopopartita al Cotton di viale Roma l’ultima birra prima della chiusura la bevevamo io e lui seduti al bancone. Ma ricordo con piacere anche la polenta concia del lunedì a Oropa con Spinelli e Santarossa. O l’umiltà di Jonas Jerebko, arrivato ragazzino e partito campione, ma rimasto uguale al primo giorno». Ci sono anche giocatori che avrebbero potuto avere una carriera diversa, nei ricordi di Neggia: «Feci lo speaker a un trofeo Città di Alba, in cui l’Angelico sfidò Reggio Emilia. Ricordo di aver visto Chrysikopoulos giocare da vero campione. Ma a volte i giocatori non riescono a dare una svolta in positivo alle loro carriere».
In questi sedici anni al microfono, la carriera da speaker di Corrado Neggia lo ha portato anche fuori città. Tra i suoi ricordi più belli e divertenti ci fu l’esperienza ai Giochi del Mediterraneo del 2009: «Mi chiamò a Pescara Carletto De Virgiliis, amico speaker di Roseto. Mi fu chiesto di occuparmi di vari sport, come la ginnastica ritmica. Al palazzetto di Chieti c’erano 3000 spettatori ma l’atmosfera era compassata. Quando toccò alla prima italiana, Chiara Ianni, alzai i toni della presentazione per gasare il pubblico. I fans mi seguirono, ma una delle responsabili tecniche italiane venne verso di me per dirmi di smetterla. Peccato che la presidente della giuria, un’egiziana, si voltò per applaudirmi…». Fu più semplice gasare il pubblico alla finale per l’oro della pallavolo: «Italia-Spagna, gli azzurri allenati da Bernardi e gli iberici da Velasco. Vincemmo 3-1 e fu esaltante. Così come commentare per la Figc gli scudetti, le coppe e le gare della Nazionale di calcio a 5, le Partite del Cuore e anche il Rally della Lana».
Con più di 300 partite viste, Corrado Neggia ha anche ammirato abbastanza giocatori per provare a schierare il suo quintetto rossoblù preferito: «Ne scelgo quattro. Il primo: Dixon, Granger, Batiste, Belcher, DeMarco Johnson. Il secondo: Black, Williams, Gaines, Gist, Coppenrath. Il terzo: Smith, Sefolosha, Jerebko, Minard, Sales. Quello italiano: Aradori, Michelori, Garri, Niccolai e naturalmente Minessi. E capitan Soragna che starebbe bene in tutti».
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